Moda e bellezza
Switch Style ha incontrato Alessandro Rizzo, uno dei principali mental coach italiani che ci ha spiegato i segreti della professione: cosa fare e cosa, al contrario, non aspettarsi da questo mestiere
Sergio Ferroni

Vita personale, sport, lavoro: ci pensa il mental coach

Sviluppo e miglioramento personale, professionale o sportivo. I campi in cui opera un mental coach possono essere diversi, ma hanno sempre una radice comune, ovvero aiutare qualcuno verso il raggiungimento di obiettivi precisi. Negli ultimi anni se ne parla sempre di più e Switch Style Magazine ha voluto incontrare uno dei più noti esperti italiani di questo settore, Alessandro Rizzo, che ci ha spiegato che cosa fa di preciso e quali sono gli strumenti di lavoro di un mental coach. 

“Il coaching può concentrarsi fondamentalmente o sull'individuazione di specifici obiettivi e dei relativi piani d'azione utili a conseguirli, sul sostegno motivazionale e di realizzazione progettuale (operato dal coach in alleanza con il proprio cliente che in gergo tecnico viene denominato coachee), su una relazione basata su i due pilastri più importanti di questo metodo che sono l’autoconsapevolezza e la responsabilità uniti poi alla direzionalita’ e all'ottimismo, dalla creatività e dal conseguimento della felicità attraverso emozioni positive, o sull'individuazione, allenamento e valorizzazione delle potenzialità personali del cliente”.

Ecco dunque che una volta definita la macro area in cui operare, per il mental coach è più facile aiutare e indirizzare il cliente. Ma che cosa fa questo professionista di preciso? “L’essenza stessa della coachaing, usando le parole di John Whitmore (riconosciuto come il padre del coaching, ndr) è  “liberare le potenzialità di una persona perché riesca a portare al massimo il suo rendimento, aiutarla ad apprendere piuttosto che limitarsi ad impartirle insegnamenti”.   

La scelta del proprio coach è molto importante, perché da questa prima decisione dipenderà anche il successo del percorso, ci tiene a ricordare Rizzo: “Bisogna tenere in considerazione che il mental coach non è una figura autoreferenziale, ma deve aver fatto un percorso corretto. Dal 2007 io sono un mental coach, una figura professionale attualmente normata dalla legge attraverso una regolamentazione precisa. Si tratta di una professione fondata su una serie di competenze: da quelle relazionali e di comunicazione efficace, a quelle di apprendimento e valorizzazione delle  potenzialità. Alle spalle ci sono molti studi e approfondimenti da fare, a partire dalla filosofia greca e dalla maieutica di Socrate”. Insomma, non ci si può - o non ci si dovrebbe mai improvvisare.  Chi è che si rivolge a un mental coach? “Si va dallo sportivo al manager, dal dirigente aziendale all’avvocato. Ma ci sono anche società che vogliono fare formazione, comunicazione, team building, come pure personaggi del mondo dello spettacolo e attori che pet motivi professionali mirano a migliorare la comunicazione interna ed esterna ovvero il famoso Inner Game creato e ideato da un altro padre fondatore  del Coaching  “moderno”  W.Timothy Gallwey”. Proprio perché sono sempre di più le persone alla ricerca di mental coach qualificati, “insieme a un collega, Ergin Raca, ho fondato - aggiunge Rizzo - ‘AllenanMente Academy’, acronimo A.M.A che ha come obbiettivo quello di valorizzare il potenziale umano non a caso il nostro Slogan e’ “se non impari ad amare prima te stesso,non potrai mai amare nessuno, un luogo dove si fa anche formazione per chi vuole fare del coaching una professione”.   

“Va anche specificato che il coaching non è una seduta psicologica: noi siamo complementari a queste e ad altre figure, non diamo risposte o giudizi, ma formuliamo domande in maniera specifica”, precisa Alessandro Rizzo: “L’essenza di quello che facciamo è lavorare con domande aperte, esplorative, di indagine e o estrazione per capire il nucleo profondo della persona e la sua scala valoriale, poi insieme definiamo quelli che sono gli obiettivi e le sue “interferenze” o “blocchi”

Come consiglio direi di non smettere mai di imparare e di avere un’attenzione a ciò che vogliamo migliorare o a ciò che desideriamo nel profondo per passare dal se reale (oggi) a quello (ideale) domani, passando dal se imperativo ovvero cio che realmente SEI !

 Per chi è indicato un mental coach? “Lo consiglierei a tutti quelli che hanno problemi da risolvere o desideri da realizzare, un futuro sognato, quelli che vogliono avere maggior successo sul lavoro, in famiglia, nelle relazioni”, sottolinea Rizzo. E aggiunge io sono considerato un hi performer specialist colui che porta ad un livello superiore le performance la cui regola  è sempre appunto P = P - I

PERFORMANCE = POTENZIALE - INTERFERENZA

In ultima analisi bisogna sempre ricordarsi che, quando si fa un percorso di crescita personale, prima di tutto vanno individuati gli obiettivi e le caratteristiche della persona. Poi va sviluppato il relativo piano di azione utile a conseguirlo e quindi un percorso che aiuta la motivazione del cliente, perché - come diceva Abraham Maslow - un uomo senza motivazione è un uomo psicologicamente morto”.

 

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