Territorio
Il modello Mattei, denominato “L’Africa per l’Africa”, in che cosa consisteva? Ne parliamo con l’ammiraglio Nicola de Felice
Sergio Ferroni

Il modello Mattei e la nuova strategia dell’ Italia

Ammiraglio, perché parliamo ora di Enrico Mattei quale modello della politica estera da adottare in Italia?

Dall'immediato dopo guerra a tangentopoli la politica estera italiana, oltre a riaffermare la sua appartenenza all'Occidente e all'alleanza atlantica, si è indirizzata verso due direttrici fondamentali: quella paneuropea conl'Italia impegnata nella costruzione dell'Unione Europea e quella mediterranea incentrata sull'attenzione particolare data al Nordafrica. Questa strategia mediterranea si puòdire sia stata delineata da Enrico Mattei con il rapporto privilegiato con l’Egitto di Gamal Nasser e il sostegno alla lotta di indipendenza algerina.

Una strategia dunque sposata dai principali partiti italiani di quell’epoca?

Una strategia che ha visto concordi non solo tutti i cavalli di razza democristiani (Fanfani, Moro e Andreotti), ma anche Bettino Craxi che proprio per il ruolo giocato durante la transizione alla guida della Tunisia tra Bourghiba e Ben Alì scelse poi questo paese come luogo del suo esilio. Una linea strategica seguita anche da Silvio Berlusconi che, con una scelta di realpolitick, decise di superare le serie incomprensioni seguite alla cacciata nel 1970 degli italiani dalla Libia ad opera di Gheddafi e di assegnare una corsia preferenziale ai rapporti con quel paese.

Ma poi cosa è successo?

La scriteriata destabilizzazione operata dalle cosìddette primavere arabe culminata nell'ottobre 2011 con la tragica morte del dittatore libico ha avuto come conseguenza anche di fatto la brusca interruzione della politica estera italiana nell'area del Mediterraneo. Tutto si è limitato ai problemi connessi al recupero in mare dei migranti irregolari e al pur più che giustificato tentativo di assicurare alla giustizia i responsabili dell'uccisione di Giulio Regeni. Per il resto l'Italia, per circa un decennio, è come scomparsa da uno scenario divenuto sotto il profilo economico ancora più importante dopo il raddoppio nel 2015 del Canale di Suez e sempre più turbolento sotto il profilo politico con l'accentuata presenza russa e turca, le guerre civili in Siria e Libia,il perdurare della questione israelo-palestinese, l'apparizione dell'Isis, l'aumento dei flussi migratori. 

Quali sono i fattori che oggi hanno determinato un risveglio della politica estera italiana?

Il raddoppio di Suez ha prodotto una significativa riduzione del tempo di percorrenza del canale da 19 a 11 ore, un incremento del 100% delle navi in transito ed una loro maggiore stazza. C'è stato un aumento esponenziale del traffico merci e oggi nel Mediterraneo transita circa il 30% del commercio marittimo mondiale. L'Italia, protesa nel Mediterraneo fin quasi alle coste dell'Africa, sembrava un gigante addormentato. A suonare la sveglia sono sopravvenuti due fatti di estrema importanza: l'invasione russa in Ucraina e la conseguente crisi energetica, la destra alla guida di un nuovo governo nazionale. Si é capito da subito che soffiava un vento diverso, una visione più ampia e pragmatica. Il primo passo che molti hanno sottovalutato è stato il rilancio di un fronte comune,il MED5, dei Paesi dell'UE che maggiormente soffrono l'immigrazione irregolare. Poi si è notato un ruolo molto più rilevante concesso all’ENI che dopo la morte di Mattei aveva visto decrescere la sua importanza e limitare la sua libertà di manovra, quasi fosse stato invitato ad operare in sordina per non dare fastidio. Successivamente, sulla scia di quanto già fatto dal precedente governoche però si era mosso un po' dovunque sull'onda dell'emergenza, ha dato all'Algeria non solo la veste di primo fornitore energetico dell'Italia,riesumando tra l'altro la costruzione del gasdotto Galsi, colpevolmente accantonato nel 2017 dall'allora Presidente dem della Sardegna Pigliaru, ma anche affiancando quel Paese sulla strada che lo porterà in futuro ad essere grande esportatore di idrogeno "verde”, cioè prodotto da energie rinnovabili. Quasi in parallelo c'è stata, con una buona dose di pragmatismo, la presa d'atto che non si può escludere da qualsiasi progetto di sfruttamento dell'immenso potenziale energetico esistente nel Mediterraneo orientale la Turchia che su quel mare ha 8.300 km di costa. Forse trovando buona sponda in Erdogan che deve aver compreso come una politica di mediazione sia quasi sempre più fruttifera di una di contrapposizione. Poi anche con il successivo coinvolgimento dell'Egitto e con la visita della premier Meloni a Tripoli appare evidente che l'azione del nuovo governo risponde, sia pure ancora allo stato embrionale, ad una strategia di ampio respiro alla quale si comincia già a dare il nome di Piano Mattei.

Il modello Mattei, denominato “L’Africa per l’Africa”, in che cosa consisteva?

Mattei diceva: “Vogliamo sviluppare le risorse dell’Africa perché il continente possa crescere. Abbiamo investito fin dall’inizio sul capitale domestico per promuovere lo sviluppo locale. La chiave di tutto è l’accesso all’energia per portare sviluppo e stabilità, permettendo all’Africa di sfruttare il suo potenziale per la crescita”. Un modello basato su progetti di sviluppo per il continente africano, fondato su concreti e pragmatici programmi di collaborazione tecnico-economica come alternativa allo sfruttamento neo colonialista. Una strategia pacificatrice che mira a costituire un pool di Paesi fornitori convinti a mettere da parte, in virtù del comune interesse economico, rancori storici e rivalità politiche, con l'Italia che mutando la crisi in opportunità divenga l'hub energetico di gran parte dell'Europa. Una sfida difficile, ma esaltante che con ogni probabilità dovrà tener conto della concorrenza della Spagna che ha ambizioni analoghe e che per il momento è in vantaggio grazie ai suoi 6 rigassificatori. Ma l'Italia ha dalla sua la maggiore centralità geografica, l’esperienza accumulata dall'ENI nel campo a partire dagli anni '50, una flotta di navi posatubi che ha costruito gasdotti sottomarini in ogni parte del mondo, una Marina Militare capace di dissuadere e di attuare la cosiddetta Navaldiplomacy

In conclusione, cosa suggerisce alle nostre autorità politiche e all’Europa?

Tutti parlano del piano Mattei e si interrogano cosa esso sia. Eppure, è semplice e parafrasando Deng Xiaoping direi: “Basta litigare, corriamo insieme per prendere il topo, altrimenti lo mangia un gatto più lontano”.  L’Europa avrebbe tutto da guadagnare dal modello Mattei, un progetto verso i popoli africani che, riconoscendo tutti gli errori ed i danni provocati dall’applicazione dei sistemi economici turbocapitalisti e neoliberisti, favorirebbe un’ordinata e graduale crescita del territorio africano, nel pieno rispetto dei suoi popoli coinvolti pienamente nelle iniziative ritenute necessarie, riconoscendone pari dignità ed uguaglianza. Enrico Mattei sarebbe stato entusiasta del blocco delle partenze dei migranti perché esso si coniuga perfettamente con il suo progetto, il suo sogno.

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