Musica
Rivive il genio di Antonio Canova attraverso tre concerti evento a Possagno, Venezia e Roma
Sergio Ferroni

Celebrazioni Canoviane - 200° anniversario della morte del grande artista neoclassico

Nel 2022 ricorre il secondo centenario della morte di Antonio Canova, avvenuta a Venezia il 13 ottobre 1822 in casa di Antonio Francesconi, alla cui famiglia lo legava antica amicizia.

"S'era spento l'altro dei lumi, che rendevano l'Italia splendentissima fra tutte le nazioni del mondo": così il dottor Zannini, medico curante, annunciò per primo la dolorosa perdita.

Nato il 1° novembre 1757 nel paese pedemontano di Possagno in una famiglia di artigiani della pietra, Canova si era formato e aveva dato sfoggio delle sue doti eccelse di scultore proprio a Venezia. Si trasferì poi, a soli 23 anni a ROMA dove si impose come il più grande artista del neonato stile neoclassico.  I suoi ultimi giorni li trascorse a Possagno, il paese natale a cui aveva destinato le sue ingenti risorse finanziarie per l'emancipazione economica e sociale, progettando la nuova chiesa (era venuto a seguire l'andamento dei lavori del Tempio avviati nel luglio 1819) e prevedendo con l'aiuto del fratello materno Giovanni Battista Sartori le infrastrutture indispensabili come le strade, la scuola, il municipio, la banca, il potenziamento dell'ospedale più vicino e infine il museo dei modelli in gesso delle sue opere inglobato nella casa natale. Il parroco che subentrò a quello che lo aveva battezzato scrisse accanto all'annotazione dell'apposito registro un motto latino che sintetizza tutto l'orgoglio del modesto paese di aver dato i natali a un genio che lo rese famoso in tutto il mondo: ubique terrarum notum. Già nel 1550 Giorgio Vasari, primo storico dell'arte in senso moderno e lui stesso artista poliedrico, nel proemio del suo eccezionale libro delle Vite, scriveva che merita lode e onore chi alle virtù delle arti nobili "accompagna onesti costumi e bontà di vita" e aggiunge "si alzeranno essi ancora a la vera gloria". La folta schiera di biografi di Canova è inequivocabilmente concorde nel vedere nell'artista di Possagno l'ideale prefigurato da Vasari.

Coro – En Clara Vox

Celebrazioni Canoviane

200° anniversario della morte del grande artista neoclassico.  Nell'anno che ne ricorda la morte i suoi compaesani hanno programmato di rendere omaggio alla sua memoria attraverso l'arte eccelsa di un suo coetaneo: Mozart. Lo faranno eseguendone il capolavoro in musica che, per nesso tematico e storico, ha visto chiudere la breve vita di Canova: il Requiem in re minore KV 626.

La famosa messa funebre sarà proposta nei perimetri indissolubilmente legati alla vita dell’artista:

• sabato 16 luglio nel Tempio della Santissima Trinità di Possagno, sua opera finale che ne custodisce le spoglie;

• sabato 23 luglio nella Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari a Venezia, la città che in gioventù vide crescere la sua arte e il luogo sacro che ne custodisce il cuore;

• sabato 30 luglio nella Basilica dei Santi Apostoli di Roma, dove l'artista realizzò il grandioso monumento funebre di Papa Clemente XIV, anche grazie all’aiuto dell’amico bassanese Giovanni Volpato (che gli procurò la committenza), opera che lo impose a livello mondiale come il precursore del neoclassicismo.

Formato da volontari - voci amatoriali che escono dalle ormai dissolte Scholae Cantorum delle parrocchie della Pedemontana del Grappa - il Coro “En Clara Vox” sarà affiancato da solisti affermati quali Diana Trivellato (soprano), Eugenia Zuin (contralto), Matteo Bragagnolo (tenore) ed Enrico Rinaldo (basso), e sarà sostenuto dalla prestigiosa orchestra “Gruppo d'Archi Veneto”, dal 2007 a fianco del Coro nell’animazione di vari eventi “canoviani”.

Il tutto sotto l’abile bacchetta del M° Davide Pauletto, già eccellente allievo del Conservatorio di Castelfranco Veneto.

Possagno, Venezia, Roma, il Vaticano, l'Italia e il mondo intero: terre e genti che godono della grande arte di Antonio Canova, uomo e artista sommo, "benefattore che siamo tutti in debito di ricordare, altrimenti indosseremmo il non raro abito dell'ingratitudine, di cui spesso si veste la misera umanità", a dirla con il biografo Antonio d’Este.

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