Arte e cultura
Hannu Palosuo in questa intervista ci rivela le sue convinzioni artistiche, ci parla della bellezza e del colore negato attraverso una auto psicoanalisi
Manuela Vannozzi

HANNU PALOSUO - Intervista d'artista

Hannu Palosuo nasce nel 1966 a Helsinki in Finlandia, ha vissuto a Stoccolma e a Berlino e nel 1989 si muove verso Roma, dove con una borsa di studio, comincia a frequentare la facoltà di Lettere e Filosofia presso l’Università “La Sapienza” con l’indirizzo di “Storia dell’Arte Moderna” e l’Accademia Statale di Belle Arti. La sua tecnica pittorica si affina nel corso della sua carriera fino a diventare  artefice di una moderna figurazione che rivela come una tematica ricorrente possa risultare di assoluta attualità. Sull’evocazione della memoria e del ricordo, l’artista erge a protagonista dei dipinti la quotidianità, con toni contrapposti ma concordanti per evidenziare il positivo e il negativo dell’immagine, la sua presenza e il suo vuoto.

Hannu Palosuo in questa intervista ci rivela le sue convinzioni artistiche, ci parla della bellezza e del colore negato attraverso una auto psicoanalisi:

 

Quale è la tua definizione di artista? Oppure pensi che siano le tue opere a definirti tale?

Per me non c’è una vera distinzione tra fare arte ed essere un artista, anche se è sempre l’opera d’arte ad arrivare prima dell’artista come risultato di una ricerca. Il fine ultimo è appunto l’atto creativo anche se in fondo sono due cose distinte: il personaggio è una cosa e creare è un’altra, a volte entrambe hanno la capacità di mescolarsi e io mi rispecchio in questa fase  quasi “schizofrenica”, dove l’arte e il personaggio rappresentano un’unica cosa.

 

Quali soggetti preferisci dipingere?   Come mai ad oggi stai raffigurando dei ritratti negati?

Io credo che il lavoro di un artista sia basato sulla psicoanalisi attraverso il colore, questo processo è inteso come una sorta di terapia, nella quale alla fine, si va a dipingere sempre se stessi. In questo processo il fruitore subisce anch’esso l’ introspezione psicoanalitica, perché  si rispecchia proprio nell’opera che sta guardando. L’artista sostanzialmente dipinge se stesso anche quando vuole fare polemica sociale e quindi è sempre il protagonista di una auto psicoanalisi. 

Da questa psicoanalisi nasce il mio nuovo lavoro, dove metto me stesso togliendo qualsiasi tipo di decorazione. Con questo non voglio affermare che non amo la decoratività, anzi al contrario mi piace molto questa idea di bellezza che nei canoni dell’arte contemporanea non è ben accetta. La mia idea di bellezza è addirittura “Viscontiana”, dove il concetto del “bello” è legato ad un qualcosa che uccide tutto e non perdona niente, si estremizzata  per la bellezza stessa, ed è proprio da questa base di partenza che sottraggo alle mie opere quello che ho sempre ricercato e adulato. Io credo che la bellezza sia un valore assoluto e che la sua crudeltà non è sempre ben appresa dall’arte contemporanea, soprattutto per il suo potere implacabile. 

 

Che tipo di tecnica preferisci ?

A me affascinano tutte le tecniche, infatti ho lavorato con vari supporti, tra cui anche la ceramica, ma alla fine non sei tu che scegli perché non puoi negare una cosa che non ti appartiene.

Credo che bisogna essere liberi di scegliere la propria tecnica!

Come artista ho utilizzato vari supporti, come il legno, il metallo, la carta e la stoffa ma già da anni non riesco ad allontanarmi dalla tela grezza.  Ogni volta quando lavoro su altri materiali sento dei nuovi stimoli, anche se la tela rappresenta il supporto base di tutta la mia ricerca stilistica. 

A me è sempre piaciuta questa sfida! Trovo che la tela grezza abbia una sua crudeltà, essa evidenzia ogni pennellata e non ti da alcun margine di errore nella stesura del colore. 

Le tonalità di colore che utilizzo sono altalenanti, tra rigide monocromie a colori brillanti, le definisco come una sorta di angoscia che sento proprio attraverso le cromie.

Nelle mie ultime opere ho sentito infatti il bisogno di ridurre il colore per capirne il contenuto,  quando poi arrivo alla monocromia, che normalmente è molto fredda, mi viene di nuovo un senso di angoscia e comincio a pensare che forse tutto il contenuto e tutta la poesia non stanno solo in un colore unico. Questi passaggi sono necessari per poter comprendere ciò a cui sto lavorando, essi sono come una rivelazione che mi indicano la strada. 

 

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Ho appena chiuso una serie di mostre in Brasile, le quali mi hanno assorbito molto, e in futuro ci sono dei progetti anche se è tutto ancora da definire.

A maggio 2020 in Finlandia presso Il Gösta Serlachius Museum of Art di  Mänttä, curerò una mostra di abiti cinematografici da Oscar e altri iconici per lo spettacolo italiano. Non è la prima volta che mi rapporto all’arte come curatore dato che già qualche anno fa, ho organizzato una mostra di abiti dello stilista Valentino.

www.serlachius.fi

 

Sei deluso dall’Italia?

No non sono deluso, è che bisogna prenderla per quello che è ! La realtà è che le Istituzioni non posso lavorare come dovrebbero e credo anche che in questo momento storico politico non c’è un reale interesse per la cultura. Bisogna essere molto attivi per ottenere le cose e soprattutto Roma non  offre più liberamente niente. Credo che in fondo non è facile da nessuna parte, bisogna sempre saper ottenere le cose a cui uno aspira di più! 

 

 

www.hannupalosuo.com

Foto di Giorgio Benni

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