Turismo
Roberto Dionisi
Archeologie Invisibili: la Valle (prima) di Aosta
Una proposta di trekking in quota sulle tracce del popolo dei Salassi e altri due luoghi suggestivi dove assaporare la storia preromana della Valle d’Aosta. In un maggio come questo, 2050 anni fa, la Valle d’Aosta non esisteva. O, meglio: esisteva la Valle, ma non ancora la città di Aosta, o meglio, di Augusta Prætoria che, probabilmente, era ancora tutta un cantiere. Un anno zero, quel 25 avanti Cristo, che ha cambiato per sempre il nome della regione più alta d’Italia e che va onorato e ricordato con tutte le celebrazioni del caso, che caratterizzeranno il capoluogo fino al prossimo solstizio d’inverno a cui recenti studi archeologici e archeo-astronomici fanno risalire la fondazione di Augusta Praetoria.
Qui il calendario completo: Eventi Aostae 2025 .
La grande insidia degli anni zero, tuttavia, è quella di non dare a quelli precedenti l’attenzione che meritano, come se al loro approdo nella Valle, che di lì a poco sarebbe diventata d’Aosta, i Romani avessero trovato una tabula rasa, sopra la quale andare a edificare una grande città, le cui tracce sono ancora oggi apprezzabili nella seconda località d’Italia per numero rovine romane, graduatoria in cui la prima, naturalmente, non può che essere Roma.
L’arma segreta dei Salassi
Ci sono voluti ben 150 anni, ai Romani, per vincere le resistenze del popolo celtico dei Salassi, nell’ultimo capitolo di una stagione conflittuale conclusasi soltanto con la fondazione di Aosta e la conseguente assimilazione ai colonizzatori celebrata da epigrafi e dal famoso Arco di Augusto. Ma come aveva fatto una piccola civiltà di montagna a resistere così a lungo alla potenza di Roma che aveva, a quell’epoca, già sconfitto Sanniti, Greci, Cartaginesi, Galli e Britanni?
Grazie a un’arma segreta! No, non si tratta di un modello particolare di daga, alabarda o giavellotto, ma delle montagne, rifugio ideale a ogni nuovo attacco o avanzamento delle ordinate legioni di Ottaviano Augusto, molto più avvezze in quell’epoca ad andar per mare e pianure, piuttosto che per monti. Non è un caso che, tra le non molte tracce archeologiche lasciateci dai Salassi in Valle d’Aosta, quelle più considerevoli siano su, in alto, dove gli antichi Romani proprio non intendevano spingersi.
Archeologie invisibili fatte di insediamenti e posti di controllo perfettamente mimetizzati nel paesaggio, preferibilmente in selle moreniche o su alture da cui tutto si poteva vedere ma senza essere visti. Tornando all’archeologia visibile, però, bisogna essere disposti a raggiungere quote da cui voltandosi a valle il fiato si spezza, dopo aver lasciato la comfort zone del fondovalle romanizzato.
Ecco tre luoghi simbolo, dove seguire le tracce dei Salassi della Valle d’Aosta.
Villaggio dei Salassi del Monte Tantané – La Magdeleine
Conosciuto localmente come Le Reparé du Tantané, questo sito protostorico è uno dei più importanti insediamenti preromani della Valle d’Aosta. Cominciati nel 2003, gli scavi hanno finora restituito decine di capanne oltre quota 2400m, ai piedi della piramide rocciosa del Monte Tantané, realizzate con muratura a secco e da cui sono emerse ceramiche, utensili in pietra ollare, in ferro, in bronzo e alcune monete celtiche. Sono inoltre stati rinvenuti oggetti in legno e abbondanti testimonianze di semi commestibili (cereali, leguminose), che hanno rivelato aspetti interessanti sulle abitudini alimentari degli abitanti, nonché la datazione del sito. I resti delle capanne sono posizionati in due punti: alcune sono sul dosso erboso verso valle, mentre la maggior parte di queste sono posizionate in una valletta pietrosa. Il percorso ad anello, con partenza e arrivo da Artaz (La Magdeleine) tra l’altro, gode di una stupenda vista sul Cervino.
Dati tecnici:
Difficoltà: E
Dislivello in salita: 750 m
Lunghezza totale: 12.000 m
Tempo totale: 4h 20m
Frequentazione: Media
Maggiori informazioni: Villaggio Salasso del Tantané (2432 m)
E prima ancora dei Salassi?
Come spesso accade quando ci si avventura tra le tracce archeologiche, più antiche sono e meno certezze abbiamo sui loro significati e sulle popolazioni che vi si sono avvicendate.
La storia della Valle d’Aosta si perde nella notte dei tempi: i primi insediamenti umani di cui si abbiano tracce, infatti, risalgono addirittura al Mesolitico, millenni prima di Salassi e Romani, in un’epoca connotata per noi dal misterioso fascino dell’incertezza.
Il sito del Cromlech (dal gallese “cerchio di pietra”) al passo del Piccolo San Bernardo rappresenta una testimonianza preziosa della presenza dell’uomo in queste hautes terres fin dalla Preistoria. Difficile datare questa Stonehenge ai piedi del Monte Bianco, così come è difficile interpretarne il significato. Quel che è certo è che si trattava di un importante luogo di culto, sacro, oltre a chiunque l’abbia realizzato, anche ai Salassi, ai Romani e, più avanti, ai Cristiani durante il Medioevo.
Tra le ipotesi più affascinanti, quella che si tratti di un osservatorio astronomico (il che avrebbe senso, se consideriamo che ci troviamo in alta montagna, a 2188 m di quota e che da qui il cielo stellato appare incantevole), che vorrebbe la pietra più grande dell’intero complesso illuminarsi nel momento esatto in cui il sole tramonta nel giorno del solstizio d’estate alle spalle del Mont Lancebranlette.
Il sito preistorico valdostano più importante è però il Mega Museo – Area megalitica di Aosta. Venuta alla luce nel 1969, quella che è oggi l’Area archeologica coperta più vasta d’Europa può essere vista come un percorso a ritroso prima nei secoli, poi nei millenni, attraverso epoche e significati di un luogo che, già 6000 anni fa, era sacro alle popolazioni preceltiche della Valle.
Dalla vicina chiesetta romanica di San Martino, si scende a ritroso giungendo fino alle testimonianze preistoriche con la straordinaria aratura propiziatoria datata alla fine del V millennio a.C., per arrivare alle stele antropomorfe dell’Età del Rame, e continuare con i dolmen funerari dell’Età del Bronzo per approdare, quindi, al grande tumulo funerario dell’Età del Ferro (I millennio a.C.) con il suo piano di calpestio originale. La successiva epoca romana è illustrata da oltre 700 reperti che raccontano di un vivace suburbio di campagna con una fattoria, la strada e, ai suoi lati, un’estesa necropoli da cui provengono corredi ricchi e significativi come, ad esempio, quello della cosiddetta Tomba dello Scriba.
Fondatore del magazine, scrive anche di arte, architettura e design, eventi e turismo
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