Cinema e teatro
Uno spettacolo che rimette al centro un teatro dotato di valenza etica ed estetica, capace di creare valore sensibilizzando la collettività su un tema di fortissimo impatto, come quello dell’Alzheimer. E di creare bellezza.
Sergio Ferroni

Intorno al vuoto

Sbarca anche nei circuiti teatrali nazionali ‘Intorno al vuoto’, lo spettacolo dedicato al delicato tema dell’Alzheimer, voluto e prodotto dall’attrice Paola Giorgi. Dopo aver ‘scaldato i motori’ con una prima tornata di rappresentazioni nelle Marche, la scorsa primavera, con l’arrivo del 2025 la pièce arriva a Roma: andrà infatti in scena allo Spazio Diamante con quattro date a partire da giovedì 9 gennaio fino a domenica 12.  Una scommessa senz’altro vinta quella di Paola Giorgi: portare a teatro il difficile e delicato tema dell’Alzheimer: ‘Intorno al vuoto’,  nella sua tornata d’ esordio è stato calorosamente accolto da critica e pubblico che – come afferma la stessa attrice – ha manifestato una partecipazione emotiva ‘palpabile’ durante gli spettacoli: ‘È stato davvero toccante – commenta Giorgi – come il pubblico abbia partecipato emotivamente a tutti gli spettacoli: una sensazione che anche noi attori abbiamo provato in scena. Sono davvero felice che gli spettatori abbiano risposto in modo entusiasta ad un progetto che di primo acchito poteva sembrare impegnativo, visto il tema, ma che invece ha saputo esprimere tutta la sua potenza e bellezza’.

Dunque parlare di Alzheimer a teatro non solo si può, ma si deve se è vero, come è vero, che Arte eBellezza hanno il potere salvifico di rendere migliori le nostre vite. E portare sulle scene un tema difficile,che incute più di un timore in una società che tende ad essere estremamente longeva, può essere forsela chiave per comprenderlo meglio e, magari, guardarlo con meno angoscia. L’idea di dare vita ‘Intornoal Vuoto’, è nata così da Paola Giorgi, attrice di lungo corso, che lo ha messo a punto con un lavoro lungodue anni insieme all’amico Saverio Marconi ed una squadra di grandi professionisti: Gianluigi Fogacci  e Fabiana Pesce, co-protagonisti insieme a lei, e la regia di Giampiero Rappa.

Un lavoro carico di significati, che non ha la pretesa (né la volontà) di raccontare la malattia, bensì le persone che si trovano ad affrontarla: malati, ma anche e soprattutto famiglie e caregivers, ancora lasciati troppo spesso soli e senza adeguate reti socio-assistenziali di supporto di fronte alla voragine dell’ Alzheimer. ‘Intorno al vuoto’ è, principalmente, una grande storia di amore e consapevolezza. Lo spettacolo, prodotto dalla vivace casa di produzione Bottega Teatro Marche in coproduzione con il prestigioso Tieffe Teatro di Milano ha il patrocinio dell’INRCA (Istituto Nazionale di Ricovero e Cura per Anziani). Dopo Roma seguirà anche Milano, dove verrà proposto dal 15 al 18 maggio 2025.

 “Intorno al vuoto” è come una favola.

La pièce non è una storia che parla solo di Alzheimer e delle conseguenze che essa comporta alla persona malata e a chi le sta intorno.  “Intorno al vuoto” è innanzitutto una storia familiare:  Carol, cinquantenne, titolare di una importante cattedra universitaria di psicologia, cerca di imporre le scelte lavorative alla figlia Liz, appoggiata invece dal padre Paul, anche lui noto ricercatore, dal carattere apparentemente tranquillo, razionale e inflessibile.

È proprio l’ostinazione ad accomunare i tre personaggi: Liz vuole fare l’attrice e lotta per il suo obiettivo che la madre non riesce e non vuole comprendere. Paul invece pensa sempre al suo lavoro e non può accettare variabili che ostacolino la sua carriera.  Carol cambia idea solo quando si ammala: guardando Liz recitare, la madre comprende finalmente il senso del lavoro di sua figlia.  Le parole recitate da Liz toccano il suo cuore, le suscitano emozioni e fanno riaffiorare ricordi…  già, i ricordi che ormai sono sempre più sfocati e lontani.

Carol alla fine comprende che il futuro mestiere di Liz ha la stessa rilevanza del suo, con l’unica differenza che la figlia ha deciso di “curare” le persone attraverso il teatro.  Quelle che vediamo in scena sono tre anime che vagano intorno alla memoria di questa storia familiare.  Il ruolo dei medici che curano Carol sono recitati dagli stessi attori che interpretano il padre e la figlia, per raccontare con più efficacia il disorientamento della madre: il viaggio di Carol dentro l’inferno della malattia è una realtà spesso sfocata, dove tutto è impalpabile, proprio come avviene con i nostri ricordi: non possiamo toccare le cose né le persone, possiamo solo immaginarle, rivederle nella nostra mente, provare a risentire i sensi e le emozioni di quel momento.  Anche per questo la scena non è realistica: sono assenti elementi che rimandano alla quotidianità di una “normale” vita borghese. Gli attori ripercorrono il proprio ricordo recitando in sottrazione, sia nei toni che nella gestualità, perché tutto ormai è già accaduto.

Dall’inferno forse si può uscire solo per un attimo provando a tenersi tutti e tre per mano. Tuttavia, Paul non ne è consapevole: proprio nel momento più difficile della malattia di Carol, svela di aver ricevuto la proposta di lavoro più importante della sua vita, che lo porterà a trasferirsi in un'altra città.  Non vuole rifiutare, dentro di sé sa che sta scappando da una sofferenza che non vuole affrontare: quella di vedere ogni giorno sua moglie viva, ma in realtà “morta” perché non riconosce più sé stessa, tantomeno lui.  Paul sceglie di scappare per non “morire” e continuare ad esistere e resta convinto fino alla fine della sua scelta. Solo sul finale, enuncia la sua disperazione e chiede più volte a Carol, ormai disconnessa dalla realtà, se riesce a ricordare la prima notte passata insieme, quando lei si era svegliata all’improvviso per un brutto sogno e lui l’aveva tranquillizzata abbracciandola. Paul ha bisogno che lei si riappropri di quel momento: ricordare quell’istante permetterebbe loro di ri-esistere ancora, anche per un solo momento e di pensare che il passato non sia stato vissuto invano.

“Pioveva” risponde dopo un po’ Carol.

È questa battuta il climax dello spettacolo e non può essere che questo il suo finale.  Paul finalmente ha messo da parte la razionalità e il suo cinismo, ha parlato con il cuore come dovrebbe fare una persona che ama o un attore quando dona una parte di sé e parla veramente al pubblico toccandolo. Quelle parole hanno sciolto per un attimo il cuore di Carol liberando il ricordo forse più importante che era rimasto ostaggio della malattia o addirittura della quotidianità. È in quel preciso istante, come in una favola, che può piovere, proprio come accadde quella notte. Giampiero Rappa

SPAZIO DIAMANTE

Via Prenestina, 230/B 00176 Roma RM

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