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Sergio Ferroni
Auguri politici dal liberalpatriota Luigi Trisolino
Avvocato Luigi Trisolino, giornalista e opinionista, specialista legale della Presidenza del Consiglio dei ministri, dottore di ricerca in discipline giuridiche internazionali e storico-filosofiche, saggista di politologia e cultura giuridica, impegnato in politica come liberale, giovane poeta di origini pugliesi con una vita attivissima a Roma da tanto tempo, la ringraziamo in anticipo per questa intervista di inizio 2025.
D - Lei è l’ideatore e il curatore della videorubrica settimanale “Il Graffio di Trisolino” sulla testata nazionale l’Opinione, dove parla di politica e attualità. La teniamo sempre d’occhio e con piacere. In una sua intervista rilasciata di recente per Night Guide lei ha affermato di aver avviato “Il Graffio di Trisolino” il 7 novembre 2023 esattamente un mese dopo il pogrom del 7 ottobre da parte di Hamas ai danni del popolo ebraico in Israele, popolo a cui lei ha espresso ampia solidarietà in più occasioni. Ma lei è anche contrario ai bombardamenti sui civili di Gaza e lo ha detto espressamente nei suoi video per l’Opinione. Come riesce a conciliare le due posizioni?
R - “La realtà del 2024 che ci siamo lasciati alle spalle è stata complessa, e ancor più complessa sarà la realtà del 2025, ma dobbiamo dominare le ardue sfide con chiarezza e pragmatismo. Veniamo al Graffio di Trisolino. Il primo videograffio a un mese esatto da quel terribile pogrom antisemita lo girai a Via del Portico d’Ottavia a Roma, nel cuore dell’antico ghetto ebraico della capitale italiana, e lo intitolai ‘Contro Hamas’, non a caso. In quella occasione ho ribadito ciò che non mi stanco mai di ripetere, ossia che abbiamo fortemente bisogno di politiche militari, securitarie e di difesa allineate al livello europeo, con un esercito europeo che potremmo già avveniristicamente definire federale, sperando che i tempi realizzativi non siano eccessivamente lunghi. Vorrei che a divenire pioniera in questa sfida fosse la nostra patria italeuropea. L’Italia europea è sensibile alla mission della liberaldemocrazia in Medioriente, attraverso una datata vicinanza a Israele, proprio per il potenziale di liberalismo che in quei contesti geopolitici così difficili e illiberali il popolo ebraico fattosi bene o male Stato potrebbe garantire. Da una seria e matura liberaldemocrazia israeliana in Medioriente trarrebbero beneficio sia gli abitanti di quelle stesse terre,sia la nostra Europa mediterranea per curare al meglio gli interessi occidentali in tema di sicurezza, commercio estero, approvvigionamento energetico,diritti umani e in particolare in tema di libertà autodeterminativa delle donne nel mondo. Detto questo, nel primo video del Graffio di Trisolino del 7 novembre 2023, prima dell’aggravarsi della lunga e logorante guerra a cui stiamo assistendo ormai da troppo tempo, ho ritenuto che sarebbe meglio che Israele agisse via terra, individuando le basi di Hamas affinché non si addivenisse a tragici e inumani bombardamenti sui civili inermi, come in effetti poi è avvenuto. Avevo visto bene, a quanto pare, quando auspicavo che si agisse via terra per i motivi umanitari anzidetti. Il fatto che Hamas si sia radicata peggio di una mafia, con bunker sotto agli ospedali, alle scuole e all’interno dei luoghi quotidiani dei civili inermi, ci porta a pensare che i geoterroristi di Hamas e i loro gruppi amici terroristi e nazislamisti siano davvero feroci, ma ci porta a pensare anche a quanto sia radicato quel fenomeno in seno alla società araba della Striscia di Gaza. Purtuttavia, radicato o meno, gli attacchi a quel fenomeno vanno fatti via terra in modo mirato, sui miliziani di Hamas e sui suoi alleati libanesi di Hezbollah. Stiamo assistendo a scene terribili, ad un eccidio di donne, uomini, bambini innocenti, e tutto questo non può essere tollerato da una comunità internazionale civile e liberale. Occorre sconfiggere Hamas, non martoriare una terra che in quel modo, tra l’altro, nutrirà solo sangue e odio verso il deviato riflesso pseudo-occidentale dato loro da Netanyahu, il quale, alla prova dei fatti, di Occidente liberale poco se ne intende. Esiste un Medioriente con una florida Israele liberaldemocratica e garantista, ma quell’Israele non è l’Israele di Netanyahu. Spero che il popolo ebraico israeliano riesca e fargli succedere un altro presidente con una mentalità davvero liberale sul piano globale, un diverso presidente con metodi differenti e divergenti”.
R - Chiarissimo. Cosa significa per lei essere liberali di fronte a tutte queste difficoltà e complessità internazionali?
R - “Essere liberali significa rispettare le donne, rispettare la laicità degli ordinamenti giuridici, significa detestare il terrorismo e amare le libertà socioeconomiche, rendendo queste ultime accessibili a tutti. Essere liberali sul piano globale significa coltivare lotte antitetiche al fondamentalismo nazislamista, ma coltivare anche strategie che tutelino gli innocenti e la vita dei popoli e delle minoranze. Viva l’Israele liberaldemocratica che vogliamo sostenere contro Hamas, ma contro Hamas, non contro i palestinesi.”.
D - Secondo lei come si sta muovendo il governo Meloni con Israele e nel Medioriente?
“Il governo, come a tutti noto ed evidente dalle dichiarazioni pubbliche, si ritrova a dover curare gli interessi dei cittadini italiani, a dover bilanciare e contemperare vari princìpi in ballo, dalla sicurezza geopolitica dei nostri territori alla pace da riconquistare. Il tutto senza mai svendere i nostri valori fondanti di democrazia e libertà. La vicinanza al popolo ebraico è quindi fondamentale, e secondo me la lotta ai terrorismi geopolitici dei nazislamisti è l’abc della nostra tenuta securitaria come popolo libero, ma nello stesso tempo è fondamentale il sostegno ai civili sterminati a Gaza. L’Italia in modo pubblico, trasparente, equilibrato e chiaro si trova nelle vesti di promotrice di iniziative solidali come quella simbolica ed efficace di accogliere alcuni bambini orfani di Gaza. L’Italia con una ritrovata sicurezza culturale è quel Paese che attraverso continui moniti mediatici invita Israele a non eccedere, rappresentando così a Netanyahu la vera via alla liberaldemocrazia possibile in Medioriente. Ricordiamo sempre le nostre radici europee di tipo giudaico-cristiane e umaniste. Noi italeuropei siamo un perno che rielabora i radicalismi occidentalisti statunitensi e che non li passa in Oriente e Medioriente così come essi arrivano dall’America, ma li rielabora, talvolta li ammorbidisce, e sicuramente li contempera con la fame del Sud del mondo mediterraneo”.
D - A ottobre 2024 in un suo video per “Il Graffio di Trisolino” sul sito della testata l’ Opinione ha esortato il ministro degli esteri e vicepremier Tajani a far rispettare la sicurezza dei nostri militari italiani impegnati nella missione Unifil dell’ONU in Libano, dato che alcuni rischi di attacchi per loro sono arrivati per mano degli stessi israeliani. Nel video lei era sulla terrazza del Duomo di Milano e ha specificato che vedeva dall’alto la città dove ha preso il via la creatura di Silvio Berlusconi, Forza Italia, il partito di Tajani. Voleva simbolicamente sostituirsi a Berlusconi dall’alto del Duomo?
R - “Mi basta essere nel mio piccolo Luigi Trisolino, non mi sostituisco a nessuno, anzi, attraverso il mio tempo e vivo la mia età di trentacinquenne con tutte le difficoltà di un uomo normale, liberaldemocratico e militante. Posso ancora utilizzare la parolaccia ‘normale’? Voglio usarla, proprio per sottolineare quanto noi persone normali possiamo e dobbiamo essere parte del dibattito globale, proprio in tempo di crisi per le globalizzazioni. Vi ringrazio perché seguite attentamente la mia videorubrica giornalistica di attualità e politica, e approfitto per spiegare perché ho voluto girare il video da lassù. Dal Duomo di Milano, la città dove Silvio Berlusconi fondò Forza Italia, auspicavo che il ministro forzista Antonio Tajani, successore del Cavaliere, si affrettasse a sostenere soluzioni diplomatiche per ristabilire la sicurezza dei nostri militari italiani impegnati nel contingente italiano Unifil in Libano. Ora dobbiamo rivedere il contenuto delle clausole di ingaggio militare, poiché dobbiamo essere capaci di difenderci ma anche capaci di non farci attaccare da nessuno, soprattutto quando l’obiettivo comune è quello di sconfiggere Hezbollah, alleata libanese di Hamas. La difesa dei nostri valori liberaldemocratici nel nuovo Occidente libertario che vogliamo passa anche da un impegno istituzionale, militante, urgente, costante. Serve curare e attrezzare o, se ancora non vi sia, edificare un Occidente demolibertario che sappia dimostrare con lo spirito e con la carne viva delle nostre abilità ciò che possiamo fare, oltre i recinti dei nazislamismi iraniani e afghani, oltre i fondamentalismi putiniani, oltre le mafie geopolitiche di Hamas che occupa e corrompe la Striscia di Gaza, e di Hezbollah che occupa e corrode il Libano”.
D - Lei ha stretto la prima pagina del Corriere della Sera in cima al Duomo di Milano per rivendicare l’urgenza di aiutare i nostri miliari italiani in forza ONU nella missione Unifil? Lo abbiamo notato dai social.
R - “Sì, ho scelto di stringere tra le mie mani una prima pagina della testata Il Corriere della Sera con il titolo provocatorio ‘Libano, l’accusa di Unifil’, perchéessa è una delle testate più vendute, seguite e stimate dagli italiani, per sottolineare come la questione della sicurezza dei nostri militari italiani all’estero sia un fatto che sta a cuore agli italiani, rappresentati all’estero dal ministro Tajani, successore politico di Berlusconi nel partito forzista che ebbe i natali in quel di Milano”.
D - Lei in più occasioni ha audacemente descritto le complessità delle tensioni mediorientali così come sono arrivate fino a noi. Domanda da un milione di euro. Vale di più la vita di un palestinese o di un israeliano?
R - “La domanda è sicuramente provocatoria. La vita è vita, vale in sé, ovunque e per tutti, e ogni vita umana vale incommensurabilmente di più di cento volte tanto quel milione di euro, o di dollari che sia. Lo dico da uomo, lo dico da umanista, lo dico anche da cristiano. Chi siamo noi per giudicare se vale di più la vita degli ebrei d’Israele, specchio della vita degli ebrei in diaspora in ogni angolo del mondo, da un lato, o dall’altro lato la vita dei palestinesi che muoiono sotto i bombardamenti di Benjamin Netanyahu. La vita degli innocenti è vita che vale parimenti”.
D - Da quale parte sta lei?
“Se questo scontro è uno scontro di civiltà, senza dubbio, pur criticando profondamente le tattiche e gli strumenti del presidente israeliano Netanyahu, dovremmo essere tragicamente dalla parte della lotta liberaldemocratica, contro l’oscurantismo nazislamico di Hamas e dei suoi surrogati. Ricordiamo che Hamas tiene in ostaggio fisico, spirituale e culturale ma anche economico intere popolazioni palestinesi, usate troppo spesso come scudi umani negli attriti bellici con Israele. Se invece questo scontro fosse una resa dei conti sulla storia, su chi o cosa c’era prima in determinati territori, dovremmo metterci d’accordo sul millennio da cui partire o, se si volesse rimanere negli ultimi cento anni dovremmo intenderci sul decennio da cui far partire la memoria storica. Sarebbe però un po’ anacronistico, ormai, soprattutto per le necessità urgenti che abbiamo nel fronteggiare le questioni della sicurezza e delle libertà umane nel nostro pezzo d’Occidente, oltre che per la necessità di occuparsi in generale del forse possibile futuro liberaldemocratico in Medioriente”.
D - Noi occidentali non abbiamo colpe? Passerebbe questo messaggio se si pensa alla liberaldemocrazia come la chiama lei?
“Le colpe degli occidenti, da quello anglo-statunitense a quello euro-continentale, ci sono state e anche attraverso quelle colpe storiche dobbiamo maturare il nostro senso civico globale nonché il nostro slancio critico, sul divenire storico. Nel bel mezzo delle transnazionalità frantumate in plurimi e confusi potentati economici e tecnocratici, dopo la fine del miraggio paradisiaco sulle globalizzazioni, dobbiamo avere ancora più tatto. Ma ciò non toglie luce all’ossigeno che proprio i nostri occidenti eurotransatlantici possano unificarsi in un Occidente umanista e libertario, dove ad essere senza se e senza ma sia la difesa della nostra sicurezza e dei nostri stili di vita caratterizzati socialmente, culturalmente, giuridicamente, politicamente dalle libertà individuali pertutti”.
D - Ci sono molte persone di sinistra radicale e di estrema destra che pensano che Israele sia uno Stato canaglia e che abbia molte colpe storiche. Da quale parte stare?
“Se per rispondere alla domanda ‘da quale parte stare?’ volessimo metodologicamente seguire l’approccio dell’arrembaggio storico, dovremmo pensare alle operazioni di Israele nel 1948, alla penetrazione israeliana in territorio arabo del 1967 con la modifica dei confini fino a quel periodo definiti per la Cisgiordania e la Transgiordania. Il dolore dei palestinesi di quegli anni non dobbiamo obliarlo, ma sulla base di quel dolore non possiamo decostruire la nostra visione occidentale, libertariamente democratica ove non sempre democraticamente libertaria, sul presente. La reazione dei palestinesi a quelle aggressioni del 1948 e del 1967, a loro volta successive alla formalizzazione della fine del mandato britannico in quella terra, è diventata nel corso del tempo un’aggressione metodologicamente terroristica, antitetica alla nostra civiltà occidentale. C’è chi giustifica l’odio. Io invece penso che molto pragmaticamente, più che di giustificazionismi da tavolino o da piazza, dovremmo occuparci di sicurezza e di tutela delle vite individuali nonché sociali dei nostri popoli liberi. Di dirottamenti d’aerei e di attacchi kamikaze nelle nostre città europee ci possono raccontare bene coloro che ancora portano i segni di quell’odio di reazione, spostato su scala globale fuori dai binari di uno scontro geopolitico ben delimitato e fattosi anarchico nei mezzi, anti-liberaldemocratici nei fini. Dobbiamo proteggere la nostra identità giuspolitica di diritti, doveri, responsabilità e libertà. Dobbiamo tutelare il nostro ordine pubblico occidentale liberale, ed auspicabilmente demolibertario”.
D - Lei avverte un clima antisemita e antisionista pericoloso?
“Decisamente sì, purtroppo. Dobbiamo proteggere gli ebrei dai punti oscuri della storia umana che spesso li hanno visti soggiogati e discriminati ingiustamente, barbaricamente. E dobbiamo al contempo fare in modo che anche gli altri non diventino i nuovi ebrei della storia. Per far tutto ciò ci occorrono spalle identitarie occidentali forti, chiare e trasparenti nei movimenti muscolari, sempre connessi ad un cervello capace di ideare posizioni occidentali necessariamente militarizzate in difesa e mai in attacco. Non possiamo lasciare che ancora una volta cresca l’odio antisemita mascherato dai rancori antisionisti, da più parti accolti o intellettualmente coccolati. Il mezzo per far ciò non è la repressione del dissenso ma la prevenzione degli attacchi e dei disordini, sia se questi partano da cellule mediorientali sia se essi vengano progettati da estremisti esaltati di centri sociali o di gruppi eversivi occidentali”.
D - Cosa vuole dire a tutti quei giovani e anziani che popolano i cortei pro-Palestina?
“Il loro essere pro-Palestina non trasmodi mai in un appoggio ad Hamas e ai surrogati nazislamisti di Hamas, considerando che un appoggio potrebbe realizzarsi anche in modo ingenuo o implicito o involuto, nei fatti. E poi voglio invitarli energicamente a non usare mai la violenza nelle nostre piazze, e a tal riguardo invito i tantissimi non violenti a vegliare sulla non violenza generale del dibattito, sia in piazza che altrove. Le azioni violente degli anti-occidentalismi occidentali di inizio ottobre 2024 a Roma, dove purtroppo ben 34 persone appartenenti alle forze dell’ordine sono rimaste ferite, dimostrano che una parte del nostro Occidente è autolesionista, disfattista, incosciente, ma soprattutto impotente. L’anti-occidentalismo di alcuni occidentali soffre quella che ho più volte definito una disfunzione erettile, e non riesce a penetrare il senso della nostra attuale missione democratica e libertaria, di fronte a noi stessi oltre che nel mondo. Contro quelle disfunzioni erettili, e contro l’impotenza anti-occidentale di alcuni occidentali, dobbiamo agire con un Viagra diverso. Un Viagra politico”.
D - Prima ha definito la mia domanda provocatoria. Vedo che le provocazioni non mancano nemmeno a lei.
R - “Senza dubbio. Talvolta servono anche quelle, soprattutto se sono costruttive su questioni delicate e urgenti”.
D - Prima ha parlato di Sud del mondo. Cosa dovremmo fare per il Medioriente e per il Sud del mondo?
“Essere noi stessi. Umani e umanisti, securitari e pronti a batterci normalmente per i diritti e le libertà di individui e popoli, senza eroismi e senza rischi inutili. Lo abbiamo fatto spesso nella storia, dobbiamo trovare modi e forme, vie inedite che siano al passo con i tempi attuali di questa post-contemporaneità. Dobbiamo continuare ad essere transatlantici e vicini all’Israele del popolo ebraico, ma nello stesso tempo dobbiamo continuare ad essere noi stessi, capaci come siamo, nella nostra identità chiara, di essere occidentalisti aperti, dinamicamente sensibili sui problemi della pace giusta in Medioriente nonché sui problemi degli eterogenei Sud del mondo. L’Italia non è il passacarte dell’estremo Occidente verso il Medio ed estremo Oriente, bensì è la patria di una cultura che deve diventare forte, complessa ma chiara, globalmente liberalpatriottica, pioniera di dialoghi e convenzioni internazionali, dentro ed oltre l’Unione europea”.
D - È una questione di destra e sinistra?
R -“Non siamo riduzionisti. Non è una questione di tifoserie, ma di sperimentazioni nazionali di tipo globale, in questa èra di post-globalizzazioni e di policentricità geopolitiche. Serve tutelare la laica sacralità delle vite umane sui territori. Stiamo provando a farlo con l’Ucraina, e dobbiamo farlo anche con i civili fratelli ebrei contro ogni antisemitismo. Dobbiamo farlo pure con i fratelli civili di Gaza dialogando con il troppo estremo Netanyahu”.
D - Lei è così un innovativo conservatore per il progresso? Da quello che leggo di lei in vari suoi commenti pubblicati su giornali o magazine è evidente.
R - “Durante l’ottocentesco Congresso di Vienna si diceva ‘conservare progredendo’. Io dico che occorre innescare dinamiche libertarie vitali nel conservatorismo italeuropeo odierno, affinché esso si evolva e parli con parabole riformiste di libertà geopolitiche e di giustizia giusta, senza escludere nessuno, e senza mai scadere nel mero formalismo del politicamente corretto.Sono un liberalpatriota che propone alla politica di guardare alle sfide globali del nostro tempo in modo inedito, innovatore e pionieristico”.
D - Qual è l’augurio che il giornalista attivista liberale Luigi Trisolino vuole fare per questo 2025?
R - “Auguro a tutti i cittadini liberalcoraggiosi di unirsi per portare ovunque spirito e forza alla causa liberaldemocratica”.
D - So che questa è una causa che ha preso a cuore in organi politici.
R - “Magari ne parliamo in una prossima intervista. Auguri politici e geopolitici, auguri esistenziali e buon 2025 a tutti i lettori”.

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