
Eventi
Sergio Ferroni
That's the Way-I Like Prefetti (& Prefette)
Una cinquantina di prefetti e viceprefetti hanno cadenzato al Circolo Funzionari della Polizia di Stato la loro fiesta de noche per i 30anni dall’ ingresso in carriera e dall’inizio del VI Corso di formazione residenziale alla Scuola Superiore del Ministero dell’Interno, durato l’intero primo semestre del 1995. Si sono presentati: “belli”, pur nella media pro capite di 55 anni, e nient’affatto“dannati”, accudendo, molti, alla responsabilità dell’ordine pubblico, nazionale o locale; tirati a lucido (eleganza fantasy femminile e precetto no tie, per i maschietti); composti e puntuali, alle 20.30, all’ingresso del ricevimento (buffet al tricolore nelle florealia e incoquinaria, con latticini candidi, minestra in brodetto rosso e torta/pasta reale, tonalità bandiera, per il soffio finale, sospirato,all’unisono,sulle immancabili cerine). Piazzamento libero ai tavoli e crocchi come il Lego, facili a scomporsi e ricomporsi: colpisce, icto oculi, la copertura geografica inveratasi mediante i convenuti. Dalle Alpi (varesine), alle Piramidi (stavolta, i Templi di Agrigento), dal Manzanarre (il Cedrino di Nuoro), al Reno (teramano, nella specie, Vomano), la geografia italica si offre al completo, con eco perfino dalle terre alloglotte, bolzanine e valdostane. Al gossipparo, ciò fa chiedere (chiosando “la domanda nasce spontanea” di un Lubrano in voga proprio nel 1995): che sono venuti a fare? Da vicino e da lontano, singulatim o pater/mater familias (la regola d’ingaggio dettava di presentarsi da single, oggi, come 30 anni prima), nonché, solamente, prefetti e viceprefetti. Al lettore con poco uso del lemma istituzionale (erudito, ad esempio, che “prefetto” fu il Ponzio Pilato del “Credo” cattolico, così come lo è, da oltre due secoli, il tutor della disciplina nei Collegi inglesi, Eton in testa), rammento che il prefetto italiano, suprema autorità amministrativa e di pubblica sicurezza, è un grand commis che qui veglia dall’Unità, mutuando il suo agire dal modello ideato, in Francia, dalla grandeur di Bonaparte, seppure con più sobrietà, almeno nel vestire. Lì, infatti, indossa l’uniforme, nobilitata dal berretto distintivo (la casquette). Da noi, dopo Giolitti, che lo volle in redingote (detta quindi prefettizia e vanto dell’Eccellenza Bortuzzi, neI birraio di Preston, di Andrea Camilleri), nonché dismesso, con la Repubblica, l’orbace (obbligatorio, finanche per il “prefetto di ferro”, Cesare Mori), si acconcia ormai in giacca e pantaloni. Tenuta unisex! Eh, sì, perché l’ottima maggioranza, alla fiesta del Corso, è tutta al femminile. Prefette, e viceprefette, entrate in carriera nel ‘94: a) a 34 anni dalla sentenza della Corte Costituzionale per cui una donna, Rosa Oliva, già esclusa, fu ammessa (mai avvenuto prima) a sostenere il loro medesimo concorso; b) solo pochi mesi dopo l’insediamento, a Grosseto, di Anna Maria D’Ascenzo, prima prefetta in sede nella storia del Paese. Dunque, volendo rispondere alla “domanda spontanea”: chi ha raggiunto i colleghi lo ha fatto, certo, per dar sfogo alla propria “nostalgia canaglia”, ma pure perché, in quei sei mesi residenziali e di con-vivenza (con-nivenza), si è consolidato un legame, assai profondo, di famiglia extra moenia, prefigurato, erroneamente, come mai ascrivibile a una doverosa frequentazione d’ufficio. Parimenti presenti, ex corsisti fuori ruolo, con incarichi politici, o che, dimessisi dalla carriera, svolgono, ora, funzioni di magistrato, ordinario, amministrativo e pure militare: altrove, si suppone, non deve essere stato altrettanto semplice instaurare rapporti autentici di fiducia, personale e assoluta. La simbiosi affettivo/cameratesca è pertanto esplosa, in parallelo all’opera manducatoria e senza soluzione di continuità, nella danza catartica (That's the Way-I Like It), rigorosamente senza allacci e con ricorso, al massimo, a improntare vagonate improbabili di trenini, memorie perdute dell’infanzia. Alle 24.00, con la benedizione del personale del Circolo, tutti “in aula”, per le lezioni del Corso! Pardon: tutti fuori, “a riveder le stelle”, sul Lungotevere della dolce ottobrata romana. (Pietro Alberto Lucchetti)

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