Cinema e teatro
Il ruolo e la dignità delle brigantesse nell’Italia meridionale.
Nancy Velardita

Il coraggio della “Brigantessa dalle lunghe trecce”.

E’ stata presentata a Roma, con grande successo di pubblico e di critica, l’opera teatrale in due atti “Brigantessa dalle lunghe trecce”.  La volontà dichiarata è  quella di dar luce ad una pagina  ignorata dalla storia ufficiale, in cui le donne brigantesse, pur ardimentose e protagoniste, sono state marginalizzate, offuscate e, molto spesso, vilipese.  L’opera va in scena nello storico “Teatro di Documenti”, costruito e progettato da Luciano Damiani, di cui nel 2023 ricorre il centenario della nascita, e continuato dall’ ”Associazione Teatro di documenti”,  insieme a Giuseppe Sinopoli e Luca Ronconi.

La colta e poliedrica sociologa, poetessa e drammaturga, Antonella Pagano, pugliese di nascita ma materana da sempre,  narra e canta la storia di due donne,  una lucana e una calabrese, che si sono  “date alla macchia” per una scelta drammatica che verrà svelata nel corso dell'opera; due donne ardimentose che hanno voluto votarsi alla causa ed  agli eventi collegati all’ unificazione del territorio italiano. L’opera, già insignita del  prestigioso premio “San Vitale” della Regione Emilia Romagna, Provincia e Comune di Bologna, si configura quale lente di ingrandimento sul prezioso contributo delle brigantesse, per più di 150 anni privato della dignità che meritava. La brigantessa è il prodotto di un revisionismo storico e storiografico, in quanto  narra la storia di due donne delle quali la storia ha cercato di cancellare pure il nome.  Com’è noto, il fenomeno del brigantaggio giocò un ruolo cruciale nella vita della Basilicata, della Calabria e dell’Italia meridionale  postunitaria in generale.  E’comprovata, nella seconda metà dell’Ottocento, la presenza di molte donne nell’organizzazione brigantesca, per motivi logistici, affettivi, di collegamento, di approvvigionamento, di assistenza infermieristica.  Bisogna distinguere, però, la figura delle brigantesse da quella della donna del brigante.  Nella storiografia sono numerosi gli esempi  di “donne del brigante”, più rari  quelli di “brigantesse”.   Gli uni e gli altri concorrono, però, a definire il ruolo della donna nelle classi rurali della seconda metà dell’Ottocento meridionale italiano, ruolo che oggi sappiamo essere stato importante.  Le brigantesse vivevano col gruppo in clandestinità, partecipando attivamente ad azioni pericolose, e pare fossero molte. Nella sola Basilicata le brigantesse furono 35, di cui 3 non lucane.Parecchie furono processate e pagarono il tributo ad una  Giustizia che era soprattutto maschile.  Spesso non avevano nemmeno compiuto vent’anni,erano orfane o vedove senza sostegno; a volte erano madri che avevano visto morire i figli davanti ai propri occhi; facevano anche le infermiere o le  guardiane di alcuni sequestrati per cui veniva chiesto il riscatto, oppure erano contadine coraggiose, in fuga da qualcosa e qualcuno.

Nell'opera teatrale di Antonella Pagano esse sono  donne ignorate dalla Storia che si oppongono ad un sistema patriarcale castrante o socialmente ingiusto e mortificante,per compiere l’unico viaggio che potrà garantire loro, a rischio della vita, la conquista dell’ “identità con dignità”.  Diventeranno feroci, ed insieme al dolore per i figli trucidati o alla ripulsa verso padri voltagabbana e violenti  seppelliranno passione, ideali, famiglie d’origine, amore, identità civile, tenerezza, penalizzando anche la propria femminilità sotto scarponi, vestiti maschili logori e sporchi, goffi cappellacci e coltellacci.

L’opera  si configura come un tributo poetico per riconoscere alla Brigantessa il suo posto nella Storia di quel momento storico ed apprezzare il suo aver spianato la strada per l’emancipazione.  Anche le musiche, oltre ai testi, sono della scrittrice Antonella Pagano; gli arrangiamenti sono del Maestro Daniela Brandi che sa armonizzarsi nel virtuoso gioco d’intreccio di sillabe e note che la Pagano ama. “Quante donne morte” è il brano che sintetizza musicalmente il mood di tutta l’opera e che risuona tragicamente attuale nella temperie morale e politica  in cui viviamo, ed in cui si assiste, anche in altre latitudini, all’umiliazione di tante donne coraggiose. Poesia civile e drammaturgia civile contemperata da un genere che potremmo nomare "epica romantica".

Funzionale e prezioso si rivela il Teatro di Documenti, in cui pubblico e artisti condividono lo stesso spazio,lo agiscono entrambi.  Un miracolo scenico che,in un luogo così speciale matura gli obiettivi pedagogici, catartici, evolutivi, ricercati dalla Pagano.  La danza è celebrata dai maestri Laura Amadei e Simone Salerno, il bel canto dalla soprano Flavja Matmuja e dal baritono Valdrin Gaashi, due eccellenze provenienti da Kosovo e Albania. Lo scenografo é Luciano Damiani,  costumista e regista, che si serve di un’ architettura teatrale innovativa, del tutto consonante con il teatro della Pagano.

Molte le autorità presenti, i presidenti di associazioni regionali e il Presidente del Consiglio di Stato che si sta occupando di  “Diritto alla Bellezza”,  in perfetta armonia con il progetto della Pagano: i “Cantieri della Bellezza”,  ovvero la ricerca di una estetica che nasce dall’afflato morale, come etica. Le perlustrazioni sociologiche della Pagano passano attraverso le sillabe di un lessico personalissimo, nel quale si appalesa il lavoro per un “Modello di Pedagogia dell’Arte che passa per la Creatività e conduce alla Bellezza”.  Modello che è magnete per la cura verso l’infinito patrimonio di Bellezza di cui disponiamo, e, nel contempo, é metodo attivo di applicazione per lo sviluppo della creatività.  L'opera è la prima di una trilogia in cui si celebra la bellezza, in un multiverso in cui ciascuna opera narra qualcosa di speciale.  Le altre due sono:   “Eva e la minestra del Paradiso” e “Apolide”.

Nella  “Brigantessa dalle lunghe trecce” apprezziamo un riesame critico che restituisce oggettività e dignità  alla realtà storica e alle donne che vissero e agirono momenti cruciali della storia di tutti noi, italiani del nord e italiani del sud, Guardia Nazionale e Briganti. Riconosciamo, parallelamente, il pedaggio della sofferenza pagato in nome dell’indipendenza femminile e marginalizzato sia nella storiografia tradizionale che nell’immaginario collettivo, e riscopriamo fondamentale il valore della memoria.

Nunzia Velardita


 

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