Salute e benessere
Leopardi, lo avrebbe certamente visto come una delle prove per sostenere il suo “pessimismo cosmico”.
Sergio Ferroni

Il “corona virus”. Natura madre o matrigna?

E' l'arrivo del “corona virus”! Ne parliamo con Bruno Scapini già Ambasciatore d'Italia, Presidente Onorario e Consulente Generale dell' Ass.ne Italo-armena per il Commercio e l'Industria e autore del libro “ARKTIKOS. La scacchiera di ghiaccio”.

 Un evento che ci sta in questi giorni coinvolgendo completamente portando morte e desolazione in tutto il mondo. Si tratta di un organismo infinitesimamente piccolo, quasi insospettabile, percepibile unicamente su scale microscopiche, eppure negli effetti ci appare tanto potente da far tremare uomini e Governi. Potenzialmente immortale, la strana creatura a forma di “corona” ha d'un tratto colonizzato il Pianeta distribuendo ovunque paura, panico, ansie e apprensioni per un destino individuale e collettivo che purtroppo financo i più avanzati comitati scientifici non sanno ancora con certezza prevedere.  Di fronte alla irrefutabile verità dei dati, indice di contagio, numeri di guariti e di decessi, la reazione degli uomini si frastaglia in un prospettivismo di idee e di condotte parcellizzato e diffuso. C'è chi propende per misure draconiane per il contenimento di quella che ormai è stata dichiarata dall'OMS pandemia globale, ma ci sono anche coloro che  si oppongono a questa visione riduzionistica del fenomeno per vedervi i segni prodromici di un qualche cambiamento epocale e a livello planetario. I millenaristi potranno perfino preconizzare la fine del mondo, dell'Umanità, ma più realisticamente più di qualcuno riconoscerebbe nella malattia il segno del raggiungimento dei limiti al nostro sviluppo. In una situazione, infatti, in cui, per riconoscere e mantenere a tutta la popolazione mondiale il livello di vita attualmente raggiunto dai Paesi occidentali, occorrerebbero ben 7 pianeti dalle dimensioni della Terra, è intuibile come l'ambita speranza di garantire parità e eguaglianza a tutti sia diventato un obiettico fallace, un'utopica illusione.

Ma l'uomo non si arrende. A fronte di questa inarrestabile marcia del virus che, incurante della sua felicità o infelicità, mostra una sprezzante indifferenza per la specie umana, reagiamo oggi attraverso appelli interminabili e martellanti sull'osservanza delle regole. Si stanziano risorse finanziare di entità prima solo impensabili, per salvare lavoro e capitali. E' bastato il subdolo sospetto di una morte che, impalpabile, potrebbe raggiungerci ovunque, al mercato come nei parchi, per sollecitare comportamenti solo pochi giorni prima ritenuti deprecabili perché politicamente scorretti o economicamente non ortodossi. Il cambiamento è così facile, dunque? Viene spontaneo domandarci. Ma allora, perchè non pensare a cambiare qualcosa nel nostro modo di vedere il mondo in tempi in cui i problemi del Pianeta e delle nostre società possono essere affrontati più serenamente e non sotto il pungolo della falce che l'immagine della morte ineludibilmente porta con sé?  E' sconcertante in questo contesto l'esempio offerto dall'Unione Europea. Regole prima ritenute inflessibili, rigide, irrefutabili nella loro osservanza, sembrano divenute improvvisamente superabili, scavalcabili. La BCE d'un tratto cambia opinione e opta per la salvezza degli Stati! Perché soltanto ora riusciamo a fare quello che prima lo si sperava invano?  Perché subire oggi l'umiliazione di dover riconoscere quanto certe prese di posizione, certe teorie economiche e certi discutibili progressi di una sfrenata modernità siano invece fallaci, ingannevoli e falsi?

Nella profonda inquietudine che ci assale in questi tristi frangenti, c'è poi anche chi si ostina, in disprezzo di ogni senso di responsabilità, a credere e a far credere che l'epidemia da “corona virus” sia in fondo un fatto di ordinaria quotidianità. Lo si banalizza. E si sfidano così persino le norme che ci impongono comportamenti prudenziali. Ci si accusa reciprocamente, e né la grande rappresentazione scenica della politica in questo ci risparmia esternazioni contrastanti. Ad opporsi al pericoloso negazionismo, c'è poi addirittura chi spericolatamente idolatra il “virus” fino ad elevarlo a giudice supremo dei misfatti umani, inducendoci a vedere nella sua apparizione la grande occasione per arginare il processo di costante distruzione del nostro eco-sistema planetario.

In questa congerie di idee e di opinioni, verrebbe quindi da chiedersi, nello sforzo di ricapitolare le ragioni del dramma che stiamo vivendo, se la natura sia in fondo madre o matrigna per questo nostro mondo. Leopardi non avrebbe di certo esitazioni: decisamente “matrigna”. Ma la sua, evidentemente, era una percezione che nella profonda ed unica sensibilità del poeta si giustificava con una interpretazione pessimistica della vita dettata da una condizione personale di indubbio svantaggio. Più credibile per contro, alla luce di un ragionevole approccio alla realtà, crediamo la tesi che in fondo la natura sia come è e come deve essere.

Cioè indifferente agli avvenimenti umani, impassibile di fronte ai dolori e alle gioie. La natura ha un suo proprio disegno, un disegno immanente alla sua stessa evoluzione. Non c'è apologetica che la possa spiegare. Né giudizio che la possa esaltare o condannare. Ma l'uomo sì. L'uomo si può giudicare, apprezzare o condannare. Basta un atto di umile riflessione. E colpisce in questo drammatico momento la supina rassegnazione con cui tanti leader politici e opinionisti, pur riconoscendo il sacrificio di quanti medici e infermieri si prodigano nel trovare rimedi alla malattia, si rifiutino di chiedersi da cosa effettivamente l'inarrestabile infezione abbia avuto origine o quale ne sia la vera causa. Una iattura? Una maledizione caduta dal cielo per caso? Nulla in natura accade per caso. E mai come adesso potremmo ritenere più che valido l'antico brocardo dei nostri avi “natura non facit saltus”.

Non crediamo, dunque, alla spontanea insorgenza dell'infezione. Non è colpa né dei “mangia topi”, né di strane e bizzarre mutazioni genetiche che, se pur vere in molti casi, stentano, considerate le sue peculiarità genetiche, ad accreditarsi nel caso specifico del “corona virus”. Considerazioni obiettive, su fatti ed eventi avvenuti nel mondo nel corso degli ultimi anni, dovrebbero del resto farci riflettere. La prima?  Ben sappiamo come gli Stati impegnati nella corsa al dominio sul mondo si affannino a costruirsi arsenali di armi sempre più sofisticate e costose. Tra queste spiccano le armi biologiche. Ma il pentimento per una cattiva coscienza indurrebbero poi quegli stessi Stati a prevedere misure per scongiurarne la produzione e la proliferazione. Un esempio? Il Trattato BWC, la Convenzione multilaterale per la messa al bando delle armi biologiche entrata in vigore già dal 1975. Non è questa forse la prova della reale possibilità che si coltivino organismi virali o microbici a scopi strategici? Che bisogno ci sarebbe stato in un mondo di ragionevoli umani a prevenire simili deprecabili sviluppi se non fossero stati possibili? E quanto ciò possa essere vero lo dimostrerebbe lo stesso Trattato allorché rivela tutta la sua debolezza nell'assenza di un qualsiasi sistema efficace di verifica e di monitoraggio. Plausibile immaginazione o possibile realtà? Se poi si considera l'azione di dubbia etica che, ben mascherandosi sotto le vesti di un ostentato filantropismo,  taluni gruppi elitari della finanza internazionale conducono nel denunciare i limiti allo sviluppo raggiunti per via dell'inarrestabile esplosione demografica, il ragionamento deduttivo dovrebbe portarci a configurare ipotesi sull'origine del virus tanto sconcertanti, quanto terrificanti.

Per noi umani di buona e sana costumanza, il “corona virus” è, dunque, un male. E non potrebbe essere altrimenti. Ma forse anche questo impercettibile personaggio del mondo microscopico sta, nel suo piccolo, insegnando qualcosa: ci sta dimostrando nei suoi effetti letali quanto fragili possano essere in fondo le nostre conclamate libertà.

 

Bruno Scapini già Ambasciatore d'Italia
Presidente Onorario e Consulente Generale
Ass.ne Italo-armena per il Commercio e l'Industria

 

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