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Uno show per festeggiare l’anniversario dei primi dieci anni di tourné e insieme: “Oblivion Rhapsody” è la summa dell’universo Oblivion come non l’avete mai visto né sentito prima d’ora.
Sergio Ferroni

Il teatro Sala Umberto di Roma presenta: “Oblivion Rhapsody”

In piena crisi di mezza età i cinque rigorosi cialtroni sfidano sé stessi con un’inedita e sorprendente versione acustica della loro opera omnia. Uno spettacolo che toglie tutti i paracadute per arrivare all’essenza dell’idiozia: cinque voci, una chitarra, un cazzotto e miliardi di parole, suoni e note scomposti e ricomposti a prendere nuova vita. Per la prima volta gli Oblivion saliranno sul palco nudi e crudi per distruggere e reinventare le loro hit, dopo aver sconvolto senza pietà quelle degli altri.

“Oblivion Rhapsody” è un gigantesco bigino delle performance più amate e imitate che parte dalle famose parodie dei classici della letteratura, passando per la dissacrazione della musica a colpi di risate, un viaggio lisergico che ripercorre anni di raffinate e folli sperimentazioni, senza soluzione di continuità, in lungo e in largo, di palo in frasca. Tutto il meglio (e il peggio), quello che non ricordavate, quello che amate di più e quello che non avete mai visto, in un viaggio allucinato e visionario che collega mondi mai avvicinati prima d’ora. Preparatevi a questa incredibile esperienza dal vivo: sarà un anniversario memorabile, un'indigestione senza limiti e senza senso, una Oblivionata all'ennesima potenza alla fine della quale l’unico bis che chiederete sarà una Citrosodina.

NOTE DI REGIA di Giorgio Gallione

Gioco, paradosso, ironia, sorriso: questo è il Comico che vedo negli Oblivion. Il tutto sorretto e condito da un talento continuamente messo in discussione e da una professionalità feroce. Rivolta soprattutto “contro” sé stessi. Tutto è libero e volatile nel loro teatro, ma nulla è affidato al caso. C’è costantemente una architettura ferrea che sostiene i loro castelli di carta. Così, sempre, quello che può sembrare solo uno scherzo diventa nella realtà della scena non tanto un ingrediente digestivo o ciecamente spensierato, ma un linguaggio polifonico, meticcio, contaminato. Prezioso come una filigrana lucente ma usato come strumento del pensiero divergente, del mondo alla rovescia.  Una costruzione variegata e complessa di parole e musica che gode della gioia della lingua e del pensiero, ma che si trasforma presto in sberleffo liberatorio, sovversione del senso comune, ludica e ragionata aggressione alla noia.  Riguardandoli ripenso sempre ai “valori” che Calvino suggerisce come fondamentali nelle sue Lezioni Americane: leggerezza, rapidità, esattezza, molteplicità, visibilità. E tanto serio divertimento. Perché senza gioia le parole, e le musiche, hanno i piedi di piombo.

NOTE MUSICALI di Lorenzo Scuda

“Stavolta facciamo tutto solo con una chitarra.

E un cajon. E tre cembali. E due shaker. Prendi un campanaccio già che ci sei.

Io da piccola suonavo il flauto traverso. Io durante il lockdown ho studiato ukulele.

Ti ricordi quel sax di plastica che abbiamo comprato a Venice Beach?”.

È un attimo che la cosa ti sfugge di mano e finisce che metti su un’orchestra low cost.

OblivionRhapsody è l’apoteosi della degenerazione musicale. La nostra storia musicale sbattuta, percossa e ridotta all’essenza. Senza trucco. Alla vecchia. Rock and roll. Acustico.

Parecchio Acustico, data l’età.

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